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mercoledì 10 Marzo 2021 - 17:30

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Programma accademico

I pozzi di Venezia e la salute dei veneziani

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CORSO DI STORIA DELLA SANITA’ 2021
I pozzi di Venezia e la salute dei veneziani
Relatrice Nelli-Elena Vanzan Marchini

Venezia è in acqua salsa ma non ha acqua dolce. Fin dai primi insediamenti monastici questo problema fu risolto con la costruzione di cisterne in cui venivano convogliate le acque piovane, filtrate da uno spesso strato di sabbia per giungere pure alla base della canna del pozzo da cui potevano essere attinte.
Ogni campo veneziano fu dotato di uno o più puteali pubblici che venivano aperti dal capo contrada al suono della campana perché il popolo potesse attingere l’acqua potabile necessaria alla sopravvivenza. Patrizi e i cittadini agiati avevano dei pozzi privati e così pure i conventi. L’approvvigionamento idrico con la sola acqua piovana presto però non bastò a soddisfare la richiesta di una popolazione sempre più numerosa perciò si scelse il Brenta per rifornire i pozzi veneziani.
Anche le acque alte minacciavano l’integrità dei pozzi inquinandoli, e il trasporto e la distribuzione dell’acqua potabile non garantivano ideali condizioni di igiene, come rivela la frequenza di febbri tifoidi e gastrointestinali. La situazione divenne tragica durante l’assedio del 1848-49 quando si diffuse in città il colera.
Con la costruzione  dell’acquedotto nel 1884  iniziò una nuova epoca: in qualche decennio tutto l’arcipelago veneziano fu rifornito di acqua potabile. Nei campi, vicino  ai puteali, vennero collocate le fontanelle dell’acquedotto. I puteali oggi restano la sola testimonianza artistica dell’antico approvvigionamento idrico della città.

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