martedì 25 Novembre 2008 - 18:30
Sala Tommaseo
Programma accademico
Testi e contesti urbani da Andrea Palladio a Tiziano Scarpa
Corso di Letteratura Veneta
Testi e contesti urbani da Andrea Palladio a Tiziano Scarpa
La letteratura pavana tra campagna e città
Relatore: Ivano Paccagnella
Testi e contesti urbani da Andrea Palladio a Tiziano Scarpa
La letteratura pavana tra campagna e città
Relatore: Ivano Paccagnella
Le commedie di Ruzante sono radicate nel teratuorio, la campagna veneta e padovana, quel «Pavan, an», che sostanzia l’elogio della Prima oratione.
Angelo Beolco scandisce tutta la trafila del contadino e della sua lingua: da contadino a inurbato, a sottoproletario, a servo. Ma la città è il reale retroterra delle sue commedie, a partire dall’elogio e dalle descrizioni di Pava nei prologhi delle commedie, per le recite in terraferma, che si alternano a quelli di Venezia, la città che non produce ma ha tutte le ricchezze e i frutti della terra. Nelle commedie di Ruzante c’è così l’alternanza del mito rurale, la superiorità della città sulla campagna, ma anche l’orgogliosa affermazione che «el fo inanzo el teratuorio ca le citè, e le ca’ de muro vene drio a quele de pagia», e c’è la richiesta di uguaglianza tra città e contado.
Il linguaggio, il pavano, segue questa stessa deriva, da lingua contadina a lingua che deve confrontarsi con quella «granda» della Repubblica ma ancor più con il toscano che si afferma, non solo sul piano letterario, ma su quello della comunicazione.
Angelo Beolco scandisce tutta la trafila del contadino e della sua lingua: da contadino a inurbato, a sottoproletario, a servo. Ma la città è il reale retroterra delle sue commedie, a partire dall’elogio e dalle descrizioni di Pava nei prologhi delle commedie, per le recite in terraferma, che si alternano a quelli di Venezia, la città che non produce ma ha tutte le ricchezze e i frutti della terra. Nelle commedie di Ruzante c’è così l’alternanza del mito rurale, la superiorità della città sulla campagna, ma anche l’orgogliosa affermazione che «el fo inanzo el teratuorio ca le citè, e le ca’ de muro vene drio a quele de pagia», e c’è la richiesta di uguaglianza tra città e contado.
Il linguaggio, il pavano, segue questa stessa deriva, da lingua contadina a lingua che deve confrontarsi con quella «granda» della Repubblica ma ancor più con il toscano che si afferma, non solo sul piano letterario, ma su quello della comunicazione.